martedì 4 dicembre 2007

La nuova creatura berlusconiana: falsa novità, capriccio o vera svolta?

Senza la trasformazione in partito la nuova "cosa" del Cavaliere sarà solo una riedizione di Forza Italia

In tempi in cui si fa un gran parlare della nascita di nuove formazioni politiche, per adesso quasi tutte genericamente chiamate "cosa", ognuna delle quali abbinata ad un colore diverso cui dovrebbero corrispondere radici storico-ideologiche e valori guida molto distanti fra loro sulla carta e molto meno nella pratica quotidiana, non ci si deve stupire dell'unilaterale annuncio della nascita della nuova "cosa" di centrodestra. "Cosa azzura", per comodità di definizione, la cui estrazione dal cappello a cilindro dell'inesauribile Cavaliere non deve, come sorprendentemente alcuni si ostinano a fare prendendo troppo sul serio le uscite del Nostro, essere semplicisticamente ridotta alla volontà dello stesso di avere le mani libere dai legacci che gli alleati presumibilmente gli stringerebbero ai polsi nel momento in cui si accingesse a cambiare una volta per tutte le regole del sistema secondo cui funziona la nostra povera Italia. E già, direbbe qualcuno, perchè da questa Italia e da questo sistema Berlusconi ha avuto poco, molto poco... Sono poi francamente ridicole le interpretazioni da settimanale scandalistico della già mitica salita sul predellino dell'auto in quel di Milano, di fronte ad una folla festante, come reazione alle accuse da parte dell'ex presunto pupillo Fini di aver architettato a suo danno un complotto mediatico a fine diffamatorio. Il perchè poi sarebbe tutto da scoprire. Ora, per quanto nelle stanze del potere il sesso ed i guai che spesso da esso derivano siano sempre stati di casa, questa è da vedersi come una spiegazione eccessivamente semplicistica dell'accaduto. E che, soprattutto, non rende onore al genio politico di Berlusconi. Rimanendo assolutamente estranei al sempreverde ambiente dei cercatori di complotti ed a quello non meno florido dell’anti-berlusconismo pregiudiziale, è da proporsi al lettore un'altra sindacabilissima quanto semplice visione delle cose. Altro non vorrebbe, Berlusconi, se non meglio capitalizzare, ed una volta per tutte, l'enorme potere che gli dà l'essere ad un tempo uno degli uomini più ricchi del mondo, il patron dell'informazione italiana ed un insuperabile capopopolo, anche se sopratutto mediatico, in accordo con i tempi dei quali è simbolo ed interprete sopraffino. Ridurre in pratica a delle marionette i bizzosi alleati replicando inoltre, per quel che riguarda la futura base del movimento, la (dis)organizzazione interna di Forza Italia, che tutto è meno che un partito, eliminando quindi alla radice le già agonizzanti voci fuori dal coro e scongiurando così il rischio della nascita di correnti interne. Penso sia utile ricordare, però, che un (vero) partito è un organismo geneticamente democratico nel quale è del tutto normale che nascano delle correnti come espressioni di sensibilità e formazioni diverse, anche se alla fine tutte riconducibili ad una simile idea di società e di Stato. Questo, a ben vedere, non succede in Forza Italia, a meno di non voler credere che l'intelligente quanto isolato Adornato possa da solo rappresentare una forza in grado di dire la sua di fronte allo strapotere della dirigenza. Correnti quindi come esempio di democrazia e di libertà di espressione politica, una volta pagato l'accettabile prezzo di una viva conflittualità frutto del dibattito interno al partito. Proprio il prezzo che il Nostro sembra non voglia pagare, nell'assurda ed a tratti irritante convinzione che un partito ed una società siano assimilabili ad un'impresa in cui il capo detta le linee guida e gli altri non possono far altro che obbedire. Banale? Semplicistico come l'interpretazione quasi scandalistica di cui all’inizio? No, semplice, ch'è tutt'altra cosa. Semplice ed inquietante, caratteri qesti che nei grandi piani di appropriazione più o meno indebita del potere vanno spesso a braccetto. La complessità strategica rende più probabili gli errori e Berlusconi è troppo intelligente per non saperlo. Basti pensare all'ovvietà dei suoi richiami all'unità del centrodestra: unità però come omologazione alle idee del più forte, come un disoggettivarsi per rinascere succubi delle idee di chi detiene la maggioranza dei consensi. Questa non è democrazia, è un'embrione di strisciante ed inaccettabile dittatura ideologica e culturale. E ad onor del vero il pericolo non è rappresentato solo da Berlusconi. La grande voglia di reductio ad unum della variegata realtà interna ai due poli e i tentativi di aggregazione in atto sono giustificati anche come derivanti dal proliferare dei partiti e dei relativi costi a carico del cittadino. Perchè allora non ovviare agli sprechi dati da un alto numero di partiti con maggiori controlli sulle loro finanze ed una riduzione degli spesso assurdi ed esagerati privilegi di cui gode la classe politica? Non è sacrificando la democrazia sull'altare dell'efficienza economica che si tirerà l'Italia fuori da un baratro che prima di tutto è essenzialmente morale e culturale. Si al proporzionale quindi, con un contestuale ritorno alla preferenza perchè sia ancora una volta il popolo e non i partiti a determinare gli eletti. Paradossalmente sono molto meno pericolose per la democrazia le orde di padroncini di voti che sicuramente ben saprebbero giovarsi della reintroduzione della preferenza, piuttosto che un manipolo di politici di professione che determinino anticipatamente, già in sede di redazione delle liste elettorali com'è successo nelle scorse politiche, la stragrande maggioranza di coloro che saranno chiamati a comporre il Parlamento. Nel primo caso è sempre possibile assicurare la libertà di scelta dicendo di no a chi cerca di stabilire con noi un rapporto clientelare. Nel secondo invece è proprio la possibilità della scelta che viene a mancare.
Curiosamente è proprio Berlusconi che oggi ha la possibilità di dimostrarsi davvero "popolare" smentendo considerazioni quali quelle espresse in queste righe e trasformando la sua nuova creatura in qualcosa di diverso da una Forza Italia allargata ai rami secchi degli altri partiti, aiutando la nascita di un reale democratico confronto interno e dando finalmente il via ad una nuova stagione. Quella dell’ormai troppo atteso ritorno alla politica vera.

venerdì 9 novembre 2007

Finanziaria 2008: finalmente l’equiparazione delle vittime della mafia a quelle del terrorismo

Meglio tardi che mai: verrà posta la parola fine ad una odiosa discriminazione

Essere meridionali, storicamente, almeno a far data dall’Unità d’Italia ad oggi, è sempre stato un handicap. Sotto molti punti di vista. Non neghiamolo, si spendono molte e bellissime parole sulla presunta eguaglianza morale fra italiani e sulla rinascita economico-sociale del Sud. Rinascita che sembra sempre imminente riuscendo però, stranamente, a non arrivare mai. Eppure soltanto concreti segni di un mutamento radicale rispetto alla penosa situazione attuale potrebbero ridare speranza al sempre più disilluso Sud. Tanto più che negli ultimi anni si è assistito ad un espandersi delle differenze ad ambiti che, almeno sulla carta, ne erano quasi completamente immuni. Uno di questi è la tutela delle vittime dei reati che più offendono la sensibilità di chi spera in un futuro diverso per la nostra bellissima terra: i reati di mafia. Infatti dal 2004, con l’odiosa legge 203, si sono riconosciuti dei privilegi alle vittime del terrorismo escludendo dal godimento degli stessi le vittime della criminalità organizzata. Vittime di serie B, naturalmente. E, in larghissima maggioranza, per motivi che non ci dovrebbe essere bisogno di sottolineare, residenti nel meridione d’Italia con Sicilia, Calabria e Campania nelle prime posizioni in quanto a numero di persone ammesse ai benefici.

Una puntualizzazione, necessaria ed importante: la legge di cui sopra non è certamente odiosa per il fatto di attribuire dei privilegi a delle vittime di reati, come quelli terroristici, che nulla hanno da invidiare a quelli di mafia in quanto a lesività del sentimento di pietà ed indignazione popolare e dello stato di diritto. Chi scrive ha la massima considerazione ed il massimo rispetto per tutte le vittime della violenza, che è sempre e comunque ingiusta. Le fortissime riserve riguardo alla legge 203 stanno nelle differenze che, neanche molto implicitamente, pone fra vittime del terrorismo e vittime della criminalità organizzata e, non dimentichiamole, del dovere. E questo, almeno nelle parole di alcuni politici, al tempo in cui la legge fu approvata, per motivi di carattere finanziario. E già, perché nell’Italia degli appartamenti a metà prezzo per politici e sindacalisti i soldi per chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato e per la legalità non ci sono. A questo punto non sarebbe stato meglio dare meno in termini di benefici, ma per dare a tutti? Comunque sia, a questa ennesima discriminazione verrà posto rimedio. Questo è quanto il Governo, dichiarandolo per bocca del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta, ha intenzione di fare con apposita norma da inserirsi nella prossima legge finanziaria. Non abbiamo motivo di non credere alle parole di Letta. Semmai ci permettiamo, umilmente, di esprimere un auspicio: quello che in futuro simili differenze di trattamento non si ripetano più, perché ciò che feriscono maggiormente non è l’interesse materiale ma qualcosa di immensamente più importante. La dignità, quella di chi per la propria onestà e per il proprio coraggio ha pagato un prezzo veramente troppo alto.

In preparazione un nuovo convegno da parte della nostra associazione

Si è recentemente avviato un confronto fra viticultori e produttori del vino Greco di Bianco D.O.C. al fine di giungere alla formazione di un Consorzio di Tutela, sulla falsariga di quanto avvenuto ormai da molti anni nelle altre zone italiane a forte vocazione vitivinicola. Voglio quindi esprimere l’auspicio dei molti soci dell’Associazione Culturale Terzo Millennio residenti in Bianco e Casignana affinché si superino i personalismi che negli anni scorsi hanno impedito ai viticultori dei due comuni di giungere all’accordo in merito alla sopra citata formazione del Consorzio di Tutela, evento che oggi più che mai ben si inserirebbe in un più generale progetto di sviluppo del comprensorio di Bianco. Questo, tenuto conto della naturale vocazione turistica e vitivinicola del territorio che, se ben messa a frutto, potrebbe offrire valide possibilità lavorative ai molti giovani disoccupati del comprensorio stesso e di Bianco in particolare. È infatti sotto gli occhi di tutti l’esistenza di una nuova tendenza all’emigrazione giovanile causata dalla disastrosa situazione in campo occupazionale che affligge i nostri comuni.

Questa situazione, è evidente, richiede da parte di tutti il massimo senso di responsabilità al fine di rinnovare l’impegno necessario a creare, nel tempo, le condizioni minime sufficienti affinché chi lo voglia possa programmare e vivere il proprio futuro nella propria terra, senza doversi sobbarcare il peso di una ormai anacronistica emigrazione.

Al fine di contribuire al felice esito del confronto di cui sopra e ad una più consapevole collaborazione fra operatori del settore e pubblica amministrazione ho inoltre il piacere di annunciare l’organizzazione, da parte della nostra Associazione Culturale, di un convegno incentrato sul rapporto fra viticoltura, turismo e sviluppo del territorio, rapporto visto nell’ottica dell’auspicato salto di qualità della realtà occupazionale bianchese.

Questo sarà il prossimo evento su cui ci concentreremo, dopo il convegno sulle radici cristiane della cultura europea, organizzato dalla nostra Associazione Culturale e tenutosi alcuni mesi fa a Siderno, convegno che ha ottenuto grande successo di pubblico e di critica sui più importanti quotidiani regionali.

domenica 29 luglio 2007

Effusioni gay al Colosseo: solidarietà ai Carabinieri

Esprimo la solidarietà della nostra Associazione e la mia personale all'Arma dei Carabinieri ed ai singoli militari criminalizzati dalla sinistra e dalle lobbies gay per aver, giustamente, applicato la legge nei confronti di due omosessuali che si stavano scambiando effusioni tali da configurare il reato si atti osceni in luogo pubblico. Mi meraviglia che la parola dei militari dell'Arma, considerata quasi sacra in tema di criminalità, venga messa in dubbio quando ad essere accusati (e denunciati) sono due gay. Questo è razzismo culturale e sessuale, dal momento che se, ad esempio, si fosse trattato di un affamato sorpreso a rubare del cibo nè la Bindi nè la Pollastrini si sarebbero levate in sua difesa. Quanto meno non lo avrebbero fatto mettendo in dubbio la parola dei carabienieri. Questo atteggiamento della sinistra e delle lobbies omosessuali è vergognoso e partigiano al punto da oscurare anche il più debole barlume di buon senso.
Speriamo che il giudice si dimostri abbastanza imparziale da riconoscere ciò che risulta evidente dal rapporto dei carabinieri: si tratta di atti osceni in luogo pubblico, quindi niente preferitismi, per favore. I due gay vengano condannati, non in quanto tali, ma in quanto cittadini non rispettosi della legge, almeno nella contingenza qui discussa.
Solidarietà al buon senso, mi sembra sia il minimo da farsi...
Alla prossima.

martedì 10 luglio 2007

Video shock sui brogli elettorali dell'Unione!

Vergogna Unione e vergogna Prodi, capo di un governicchio ridicolo e ormai delegittimato. Siamo stanchi, come elettori e sopratutto come cittadini, di dover sopportare un gruppo di usurpatori a capo della Nazione. Bisogna scendere nelle strade, nelle piazze, l'opposizione deve organizzarsi immediatamente e far cadere il governicchio con l'appoggio dei milioni e milioni di italiani stanchi di questo sopruso.
Il video messo in rete da Paolo Rajo è più che sufficiente, specialmente se considerato insieme alle mille altre prove di brogli, a portare alla caduta di questo governicchio indegno di un paese civile. È però imprescindibile una occupazione civile e pacifica delle piazze italiane per giorni e giorni, finchè il loro capo si decida a mollare. A casa!!!
E subito dopo aboliamo il voto all'estero, del quale i nostri compatrioti si sono resi indegni...

martedì 3 luglio 2007

L'inquietante bellezza dell'italianità. Cap. 1: Ciampi

Inauguriamo con il presente una serie di articoli sugli aspetti più curiosi, anche spesso non edificanti, dell'italianità. Il tutto, nelle intenzioni di chi scrive, dovrebbe avere un taglio ironico ma qualora questo proposito non venisse rispettato sappiate che non sarà stato uno scarso rispetto verso il lettore ma solo un'eccesso di passione civile e politica a causare l'intoppo.
L'italianità, per come la intende il sottoscritto, è quel coacervo di caratteristiche positive e negative che distinguono un popolo, l'italiano appunto, dal resto della specie umana e particolarmente è un insieme di atteggiamenti, modi di pensare, di vivere e di rapportarsi col prossimo che non trovano facilmente riscontro in altri contesti socio-culturali nazionali. Se è vero che nella nostra italianità sta il segreto della nostra grandezza come popolo, è altrettanto vero che in essa si fondano le mille miserie e meschinità delle nostre (italianissime) individualità.

Ciampi e i 55 anni (degli altri...).

Immaginate un presidente americano, ma potrebbe essere anche inglese, tedesco o olandese, che a 85 anni e dopo una carriera politica svolta ai massimi livelli, si becca la carica di senatore a vita dovuta ai suoi trascorsi e nella fattispecie al suo mandato come Presidente della Repubblica. Naturalmente è solo un esempio quindi faremo finta che le differenze a livello di architettura costituzionale non esistano e che anche negli USA, in Germania o in Olanda vi sia la medesima organizzazione dello Stato che c'è in Italia. Egli, il nostro ipotetico ex-presidente, è stato anche capo del Governo, ministro e perfino Governatore della Banca d'Italia. Dopo questa carriera, inarrestabile e certamente costruita con meritoria costanza, ma altrettanto certamente giunta fino a tardissima età, l'onestà intellettuale avrebbe imposto un opportuno silenzio riguardo a certi temi come l'età del ritiro dalla politica attiva. Siamo sicuri che in un'altro Paese, civile, magari in uno di quelli sopra citati, sarebbe successo questo. Ed invece no: siamo in Italia e quindi, una volta esauritesi le possibilità per il tutt'altro che ipotetico personaggio in questione di ridiventare Presidente del Consiglio o ministro a causa dell'eta avanzata, egli si sente in dovere di dettare regole riguardo allo svolgersi dei cicli di vita di quello strano essere che è l'homo politicus, imponendogli addirittura un'età per il ritiro assolutamente prematura: 55 anni, ben 30 di meno rispetto alla sua attuale permanenza su questo pianeta. E questo mentre si levano insistenti voci, per il bene delle patrie finanze e del futuro della nostra sventurata generazione post Prima Repubblica, a favore di un innalzamento dell'età pensionabile...* Quindi, secondo il nostro illustre personaggio, un giudice, un avvocato, un medico, un idraulico dovrebbero poter restare attivi molto più a lungo rispetto a chi, furbetto, avrà scelto la politica e quindi lo svolgere il "servizio dei servizi", quello che se ben svolto agevola l'effettuarsi di tutti gli altri. Quest'ultimo invece dovrebbe tirarsi indietro proprio quando il vigore fisico ancora più che sufficiente si incontra con l'esperienza che, seppur al contrario mai sufficiente in senso assoluto, è ormai bastante ad affrontare con relativa sicurezza le problematiche quotidiane, le insidie e gli obblighi del fare politica e quindi dell'occuparsi della cosa pubblica. Proprio in questo momento dovrebbe, a sentire il Nostro, decidersi per un'auto-annullamento di sè... Questo risolverebbe i problemi della politica italiana: un continuo ricambio di uomini con in mente non il valore degli stessi, non l'esperienza acquisita in tanti anni, non la capacità di mediazione che le conoscenze così a lungo coltivate hanno naturalmente donato, ma solo l'età. Meglio allora un incapace di 45 anni che un grand'uomo di 65? Il tutto mi ricorda molto la pubblicità del Vulture che imperversa sui nostri schermi in questa caldissima estate, espressione di un rifiuto della naturalità dell'invecchiamento chiaramente sintomatica di un malessere sociale e culturale tipico delle sazie ma disperate società del benessere.
Noi, nel nostro piccolo, pur non essendo presidenti, ministri, nè senatori a vita (cosa che, non lo neghiamo, ci faciliterebbe non poco l'esistenza...) pensiamo che la malattia cronica, e gravissima, che affligge la politica italiana non sia curabile solo con un'azione tendente ad un generico abbassamento dell'età di entrata, e non di uscita che è cosa ben diversa, nell'agone politico, abbassamento al quale peraltro siamo ben favorevoli. Riteniamo piuttosto che la vera soluzione del problema, ormai improcrastinabile vista la disperata condizione in cui versa la politica italiana, sia quella di rendere realtà e non pura definizione virtuale quella di cui sopra, relativa appunto alla politica: il servizio dei servizi. Servizio nei confronti della comunità, del singolo realmente bisognoso, che non è un numero ma una persona, servizio nei confronti della Nazione. Se la politica non si avvicinerà anche solo in parte ad essere questo, senza quindi un effettivo mutamento culturale e di mentalità, ogni altra modifica legislativamente imposta sarà solo un demagogico palliativo ad uso e consumo dell'opinione pubblica da soddisfare, ma il problema rimarrà senza soluzione e la malattia senza cura, con tutte le conseguenze del caso.
Grazie quindi al nostro caro ed italianissimo ex-Presidente per il consiglio e la disinteressata raccomandazione. Crediamo però che avrebbe dovuto pensarci prima. Magari anche solo sette o otto anni fa...

* Spero si legga fra le righe l'ironia che il sottoscritto vorrebbe esprimere.

domenica 17 giugno 2007

Qualcuno che la pensa come noi su Mario Tozzi...

Vi segnalo, come già fatto da altri, il libro di Tom Bethell, giornalista americano, che ha il coraggio, nell'epoca del conformismo elevato a regola di vita, di dire come stanno le cose uscendo al di fuori della solita (e falsa) nenia ambientalista e scientista. Consiglio vivamente l'acquisto del libro, dal titolo “Le balle di Newton. Tutta la verità sulle bugie della scienza” ed edito da Rubettino. In più in questo libro troverete una simpatica ed, ahimè, condivisibile definizione di Mario Tozzi. Mario Tozzi è lo scienziato/presentatore, quello col picozzo sempre in mano per capirci, che ebbe a dire di voler vedere il cardinale Ruini su un piatto d'argento e con una patata in bocca... Odio anticristiano portato ai massimi livelli, come si può immaginare.
Vi posto un pezzo dell'introduzione, preso dall'articolo di Graziano Girotti su L'opinione di ieri: "Per inquadrare il problema in Italia – scrive Guglielmo Piombini nella prefazione, dopo essersi occupato anche della traduzione del volume - possiamo pensare ad un personaggio onnipresente sui media come Mario Tozzi, che quotidianamente dispensa al pubblico le sue ‘verità scientifiche’ ecologiste, maltusiane, anticristiane e anticapitaliste, e che è solito rispondere ai critici ostentando con arroganza le sue credenziali di scienziato. In realtà gli ambientalisti come Tozzi il più delle volte non fanno scienza, ma politica. Lo scienziato, per essere tale, dovrebbe essere in grado di azzeccare, almeno qualche volta, una previsione. Il valore predittivo della pseudo-scienza sbandierata dagli ambientalisti radicali è invece praticamente nullo: sono ormai quarant’anni che sbagliano una previsione dopo l’altra, senza avere mai fatto ammenda”.
Faccio di meglio: incollo qui stesso l'articolo in versione integrale, è illuminante leggerlo almeno quanto è utile rifletterci su...
Buona serata.


Dal nucleare al riscaldamento globale, dall'Aids all'estinzione delle specie animali, passando per le cellule staminali, la clonazione e l'insegnamento dell'evoluzione, l'autore americano Tom Bethell demolisce gli assiomi più granitici.
Il titolo, ruspante e perentorio come una scudisciata, ti prende alla gola e non ti molla più. “Le balle di Newton. Tutta la verità sulle bugie della scienza” (edito da Rubbettino e nelle librerie da pochi giorni) mantiene quello che promette: smascherare le sciocchezze – tante – scritte e dette sulle emergenze del pianeta. Dal nucleare al riscaldamento globale, dall’Aids all’estinzione delle specie animali passando per le cellule staminali, la clonazione e l’insegnamento dell’evoluzione.
L’autore, l’americano Tom Bethell, editorialista dell’ “American Spectator” e collaboratore di testate come il “New York Magazine” e l’ “Atlantic Monthly”, demolisce in modo irriverente gli assiomi più granitici. Beninteso, non si tratta di un libro contro la scienza, ma una difesa del corretto metodo scientifico dagli abusi che vengono compiuti in suo nome. Una guida che si fonda su fatti e non su chiacchiere, insomma. Bella e istruttiva, come direbbe qualcuno.
Bethell è uno dei pochi scrittori, insieme a Michael Crichton, che in questi anni hanno avuto il coraggio di denunciare l’uso distorto della scienza da parte di ciarlatani che ingannano i giornalisti creduloni e scatenano isterie di massa, allo scopo di ottenere pubblicità, potere politico e finanziamenti statali. La caratteristica immancabile di queste “crisi imminenti”, infatti, è quella di richiedere sempre più interventi dello Stato, e mai di meno.
“Per inquadrare il problema in Italia – scrive Guglielmo Piombini nella prefazione, dopo essersi occupato anche della traduzione del volume - possiamo pensare ad un personaggio onnipresente sui media come Mario Tozzi, che quotidianamente dispensa al pubblico le sue ‘verità scientifiche’ ecologiste, maltusiane, anticristiane e anticapitaliste, e che è solito rispondere ai critici ostentando con arroganza le sue credenziali di scienziato. In realtà gli ambientalisti come Tozzi il più delle volte non fanno scienza, ma politica. Lo scienziato, per essere tale, dovrebbe essere in grado di azzeccare, almeno qualche volta, una previsione. Il valore predittivo della pseudo-scienza sbandierata dagli ambientalisti radicali è invece praticamente nullo: sono ormai quarant’anni che sbagliano una previsione dopo l’altra, senza avere mai fatto ammenda”.
Qualche assaggio tratto da “Le balle di Newton”. Uno dei casi più eclatanti ricordati da Bethell è quello del trattato di Kyoto sulla riduzione delle emissioni che provocano il cosiddetto effetto serra. Pochi infatti sanno che le teorie che attribuiscono a cause umane il presunto riscaldamento globale non hanno alcun fondamento scientifico sicuro, e che l’applicazione rigorosa di questo protocollo avrebbe delle ripercussioni devastanti sulle economie dei paesi industrializzati. Secondo una stima dell’International Council for Capital Formation in un paese come l’Italia il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto potrebbe causare la perdita di oltre 200 mila posti di lavoro nel 2010, mentre il prezzo dell’elettricità potrebbe salire del 13 per cento e quello del gas del 44 per cento. Tutto questo per far scendere di qualche grado la temperatura nel 2100!
Le politiche climatiche proposte per fronteggiare il riscaldamento globale sono espressione di una smisurata presunzione. In realtà non si conoscono perfettamente tutti i fattori climatici che interagiscono in maniera complessa e imprevedibile; le attuali tecniche di misurazione del clima non sono pienamente affidabili; non si sa con certezza se il riscaldamento è provocato dalle emissioni umane o dai fattori naturali; è molto difficile prevedere le conseguenze del cambiamento climatico, calcolare con precisione l’entità dei danni provocati dal riscaldamento globale, e comparare i costi e i benefici delle politiche climatiche con quelli della loro assenza; infine, è fortemente dubbio che gli obiettivi climatici possano essere realizzati per mezzo di quei sistemi di pianificazione politico-burocratici che hanno sempre fatto fiasco in ogni precedente occasione.
La campagna allarmista ha finora dato i frutti sperati, se si tiene conto che solo i contribuenti americani versano 4 miliardi di dollari all’anno nelle tasche degli scienziati e dei burocrati che lavorano attorno al problema del riscaldamento globale. Che ne sarebbe dei loro budget, impieghi e avanzamenti di carriera se risultasse che l’aumento della temperatura si deve a cause naturali che l’uomo non può controllare?
Altre balle sono state divulgate a piene mani a proposito del DDT, un insetticida formidabile messo al bando nel 1972. Proprio questa sua eliminazione dal mercato ha provocato nel Terzo Mondo la morte per malaria di milioni di persone. Ma qualche volta le bugie hanno le gambe corte, per fortuna. Nel settembre 2006 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato di aver mutato il suo orientamento, e di essere favorevole all’uso del DDT e di altri insetticidi nelle aree africane minacciate dalla malaria. Resta del tutto gonfiata, invece, l’ecatombe di Aids nell’Africa subsahariana. Bethell rivela che l’epidemia di Aids è stata completamente inventata per ragioni politiche durante una conferenza internazionale svoltasi a Bangui, in Centrafrica, nel 1985.
Da allora, mentre gli “esperti” prevedevano puntualmente scenari da peste nera e cadaveri a montagne, la popolazione dei paesi dell’Africa meridionale ha avuto la più alta crescita del mondo, passando da 434 a 733 milioni. Come nota ancora Piombini, “in vent’anni la terribile piaga ha incrementato la popolazione del 70 per cento, in un numero pari all’intera popolazione degli Stati Uniti. Sui giornalisti africani che hanno tentato di indagare meglio la faccenda è caduto l’ostracismo generalizzato”. Graziano Girotti (L’opinione, 16 giugno 2007)