sabato 24 febbraio 2007

L'Italietta è ancora viva, the (horror) show must go on...


Ci sono molti modi nella vita per rendersi ridicoli. Purtroppo molti di più di quanti ce ne siano per dimostrarsi seri ed affidabili. Questo è l'unico argomento che, in un improbabile barlume di lucidità, la sinistra italiana ed il suo comico alfiere potrebbero portare a parziale giustificazione della orrenda figura che stanno facendo di fronte al popolo italiano e stanno facendo fare al Paese in campo internazionale.
Non è la scelta di Napolitano ad averci sorpreso, perchè qualunque osservatore obiettivo ed a conoscenza della prassi istituzionale da seguire in questi casi, sa che chiunque, al suo posto, avrebbe dovuto prendere atto della compattezza della sinistra nel chiedere il rinvio alle Camere, considerando anche quella che si è rivelata essere la posizione di Follini, come oggi espressa in un'intervista e che è naturale credere Napolitano conoscesse in anticipo, e l’arcinoto sostegno che viene a Prodi dai soliti senatori a vita.
Quello che fa provare un senso di nausea, come di fronte a qualcosa di vomitevole purtroppo già incontrato molte volte nella storia politica italiana, è l'arroganza e la miopia che la sinistra dimostra nell'accanirsi in tal indegno modo a tenere in vita un governo, pardon governicchio, che somiglia sempre di più ad uno zombie. Un morto vivente degno della migliore tradizione cinematografica, che avanza con l'occhio spento ed il cervello ormai fuori uso.
La stessa nausea che proviamo nel pensare ad un D'Alema che esce da questa vicenda nel peggiore modo possibile, dimostrandosi incoerente ed inaffidabile, e perdendo l'occasione storica per dare un taglio con la circense Italietta di antica memoria. Le sue parole di oggi, "non ci sono alternative ad un governo guidato da Romano Prodi", stonano col discorso maturo e responsabile fatto il giorno della sua sconfitta che, con sconfortante miopia politica, non è riuscito a mutare in vittoria storica di una nuova Italia nei confronti dell'Italietta di cui sopra.
Certo, da un Presidente della Repubblica ci si sarebbe pure potuta attendere una valutazione che avesse tenuto conto della inopportunità di tener vivo un simile mostro con il voto di qualche vegliardo, peraltro non eletto dal popolo, e di uno strano personaggio del quale avremo occasione di scrivere ancora, quale appunto è Follini. Ci si sarebbe potuta attendere una decisione che spingesse l'Italia, come avevano sperato il giorno stesso della sconfitta del governo al Senato, verso una nuova e più edificante fase politica.
Sarebbe stato però, francamente, sperare troppo. Ce ne rendiamo, adesso, conto.
Ci rendiamo conto di desiderare un'Italia che ancora non c'è, anche se siamo sicuri che i suoi prodromi covino sotto la cenere rappresentata da quella parte maggioritaria degli italiani che può a buon diritto definirsi moderata.
Il 2 dicembre, giornata campale nella storia del centrodestra italiano, non va assolutamente rimosso dalle nostre coscienze, in quanto possibile futuro simbolo di una nuova rivoluzione conservatrice di cui oggi più che mai, nella storia patria, si sente pressante il bisogno.
Lo scialbo e stilisticamente sgraziato ("nuovo slancio rinnovato...") discorso di un sempre più inadeguato Prodi, che ha seguito la dichiarazione alla stampa di Napolitano, ci fa comprendere quale aria si respiri all'interno della raccogliticcia maggioranza al di là delle superficiali dichiarazioni di unità.
Un solo rammarico riguardo ai nostri politici: avremmo voluto vedere, come del resto auspicato da un'intelligenza di prim'ordine quale quella di Ferrara, una maggiore convinzione nel chiedere una soluzione diversa. Non tanto le elezioni anticipate che, come ha ben spiegato Berlusconi, era inutile attendersi, quanto un governo tecnico che portasse alle elezioni dopo una indubbiamente necessaria riforma della legge elettorale. Speriamo però che si tratti della sicurezza di chi sa che questo obbrobrio è destinato ad una rapida fine.
Per ora, il Paese si prepari ad una triste notte popolata da folletti e Follini, streghe e zombie. The (horror) show must go on.

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mercoledì 21 febbraio 2007

E adesso, ci dimostreremo un Paese civile?


Scrivo queste righe pochi minuti dopo la sconfitta del governo Prodi al Senato, in seguito alla votazione riguardante la mozione dell'Unione sulla politica estera. Questo, dopo un discorso politicamente di alto livello da parte di D'Alema, da riformista maturo e cosciente del valore dell'immagine della Nazione in campo internazionale, nel quale discorso il ministro degli esteri ha affermato che qualora il governo fosse stato battuto si sarebbe dovuto prendere atto dell'inesistenza di una maggioranza e quindi, volgarmente parlando, andare a casa.
Bene, come dicevo all'inizio, il governo è stato battuto. Da quello che seguirà a questa sonora sconfitta per l'attuale maggioranza parlamentare, e sottolineo parlamentare, perchè dubito fortemente che se si votasse in questo momento sarebbe anche elettorale, potremo capire se l'Italia è seriamente instradata sulla via di una modernizzazione sul piano del confronto e delle dinamiche di "autogestione" della classe politica che la faccia finalmente entrare nel novero dei paesi definibili, sotto questo particolare punto di vista, come civili. Civili perchè governati da una classe politica per la quale la parola data, gli impegni presi e la dignità che dal rispetto di questi consegue sono il patrimonio più importante, da conservare gelosamente e da difendere contro ogni tentazione egoistica dettata da bassi interessi personali.
L'occasione che si pone davanti al ministro degli esteri è, dal punto di vista della sua carriera politica, addirittura storica. D'Alema ha la possibilità di inaugurare, col comportamento che terrà nelle prossime ore, una nuova stagione della politica italiana: una stagione in cui la classe politica possa finalmente riavvicinarsi al Paese reale con dignità e con la fierezza di sapersi coerente e degna della fiducia accordatagli dal popolo, mettendo fine alla attuale disistima generalizzata nei propri confronti. In un'epoca caratterizzata dal frastuono mediatico, dal chiacchiericcio senza significato, dalle affermazioni di principio regolarmente smentite dal comportamento nella vita personale e nell'agire politico, un atto di coerenza con le proprie parole conferirebbe a D'Alema una dignità ed una fermezza che non potrebbero non essergli risconosciute anche da parte del più accanito degli avversari.
Non sono parole interessate di chi spera di veder cadere nella polvere una parte politica per la quale non ha votato e del cui pensiero non condivide le fondamenta ideologiche e valoriali. No, queste parole rappresentano la speranza di chi, nella doverosa accettazione del dibattito e del confronto politico, vorrebbe vedere il proprio Paese risorgere moralmente e coloro che lo governano e lo governeranno ergersi quale esempio positivo di fronte al popolo.
Se questa resterà solamente una speranza lo sapremo nella prossime ore.

giovedì 15 febbraio 2007

Un plauso a Napolitano...


Una volta tanto rivolgiamo delle parole di apprezzamento ad un comunista, a riprova che le buone idee e le parole di buonsenso non hanno colore politico e non devono essere pregiudizialmente rigettate sulla sola base della provenienza. Quel comunista è Napolitano del quale, se non condividemmo a suo tempo l'elezione a Presidente della Repubblica in quanto frutto di compromesso certamente non rispondente alla reale situazione politica del Paese, dobbiamo riconoscere il coraggio nello sfidare gli altri adepti all'ideologia comunista dimostrando un'interpretazione affatto malvagia del ruolo istituzionale che attualmente ricopre. Ruolo che impone a chi lo svolge di essere il Presidente di tutti gli italiani, e tale sembra la volontà di Napolitano, a dispetto della sua provenienza politica che, lo ripetiamo, avrebbe a nostro parere dovuto indurre a scelte diverse. Il bello della politica è, però, il doversi adeguare a sempre nuove situazioni dovendo alle volte rinunciare alle proprie convinzioni per amore di imparzialità. Come i lettori anche scarsamente informati avranno ormai compreso ci riferiamo a quanto detto da Napolitano a proposito dell'orrenda pagina storica delle foibe. Il riconoscere che c'è stato per molti decenni un atteggiamento a dir poco criminale, si silenzio e negazione, da parte dell'establishment culturale sinistrorso a proposito della questione delle foibe innalza immediatamente la figura dell'attuale Presidente della Repubblica anche al di sopra di altre figure di appartenenza politica ben diversa che non hanno mai toccato la questione per timore di sollevare chissà quale polverone. Polverone sollevatosi ma che coglie il popolo italiano e, sembra, parte del popolo della sinistra, in atteggiamento molto diverso da quello omertoso tenuto fino ancora a pochi anni fa. Purtroppo tanto non si può dire di alcuni strani personaggi che continuano ad infestare il mondo della cultura e dell'informazione, personaggi quanto meno equivoci dal punto di vista intellettuale. Uno di questi personaggi è, in particolare, una certa Claudia Cernigoi, negazionista incallita che da anni si ostina a liquidare l'orrore delle foibe come una costruzione artificiosa e falsa, basata su poche vendette personali o eliminazioni sommarie di esponenti del regime fascista. Queste ridicole ed offensive tesi sono da porre sullo stesso piano di quelle di chi nega che vi stato uno sterminio di ebrei da parte dei nazisti, e quindi da considerare criminali quanto quelle. È pericoloso anche che si permetta a tali individui di esprimere queste ingiuriose quanto storicamente deboli tesi, anche quando ciò si consenta per puro amore di verità, come stasera ha fatto il grande Ferrara nella sua trasmissione in onda in prima serata su LA7.
In definitiva ricordiamo le migliaia e migliaia di vittime italiane della violenza slava e plaudiamo al Presidente Napolitano, alla faccia, consentiteci, della Cernigoi e di quanti, con ignorante faziosità, negano una verità conosciuta da tutti: l'orrore delle foibe.



foto: AP.