sabato 23 dicembre 2006

LETTERA APERTA A CARLA WELBY

Signora Carla,

mi ha causato grande sofferenza vedere le dolorose immagini di suo fratello nei quasi novanta giorni che hanno separato la sua morte dalla lettera che egli ha scritto al Presidente della Repubblica. Non le nascondo che ho spesso sperato, in cuor mio, che la misericordia divina lo liberasse da quel corpo che, innegabilmente, si era per lui trasformato in una dolorosa prigione.
Anche se ritengo incivile e deprecabile, oltre che passibile di essere penalmente sanzionato, il fatto che si possa aver posto fine alla vita di suo fratello, con o senza il suo consenso, spero e prego perché possa trovare la pace che non ha avuto in vita. Mi creda, sono sincero e le porgo le mie sentite condoglianze.
Ma veniamo al punto, o meglio al punctum dolens.
Non le scrivo per discutere sull’ammissibilità morale dell’eutanasia o per convincerla della grande offesa all’essere umano, alla vita e a Dio che essa implica. Su questo sono state scritte milioni di parole in questi novanta giorni, ed aggiungerne altre sarebbe a questo punto superfluo.
No, le scrivo per farle rispettosamente notare una piccola gaffe nella quale lei, suo malgrado, è incorsa nel partecipare alla conferenza stampa organizzata dai radicali il 22 dicembre, alla quale ha partecipato anche sua cognata Mina, per rendere nota a tutti, fra l’altro, la sua sostanziale volontà di scendere nell'arena politica per continuare la battaglia del defunto marito. Essendo stati trasmessi da Sky alcuni frammenti della conferenza stampa, ho potuto notare la sua preoccupazione nel dover riferire a sua madre, a suo dire cattolicissima, e di questo non ho motivo alcuno di dubitare, il triste fatto che al proprio figlio Piergiorgio non sono state concesse le esequie ecclesiastiche causa della sua nota e più volte affermata volontà di ricorrere all’eutanasia.
La sua gaffe non sta nel fatto che lei pretende di poter piegare un’intera religione ed una istituzione plurimillenaria come la Chiesa Cattolica alla sua pur rispettabilissima volontà. Comprendo che l’imperante individualismo faccia credere ad ognuno di potersi definire cattolico, magari adulto, per la libera scelta ed altre simili amenità, pur basando la propria vita su princìpi tutt’altro che cattolici. Pretendere allo stesso tempo un’assoluta sottomissione della Chiesa ai propri capricci mi sembra però eccessivo.
Non sta nemmeno, la sua gaffe, nella evidente mancanza di coerenza (che sarebbe quel desueto principio secondo cui, in soldoni, non si dovrebbe agire, altri direbbero razzolare, diversamente da come si predica) che implica il volere i funerali cristiani dopo aver lottato per mesi, o comunque condiviso una lotta, che è la stessa cosa, per ottenere una legge che introduca in Italia l’eutanasia o una pronuncia giurisprudenziale che a tale legge apra la strada.
La sua piccola gaffe, signora, forse sfuggita ai più, sta nell’essersi lamentata di quei funerali negati mentre dietro le sue spalle, nelle immagini trasmesse da Sky, campeggiava un logo all’interno del quale era riportata la scritta “No Taliban, No Vatican. Anticlericale.net”. Un paragone a dir poco offensivo per chi, come appunto il Santo Padre, non passa il proprio tempo a sgozzare e decapitare degli innocenti o a tagliare mani e piedi a chi ruba qualcosa per fame.
Lei però era lì, e dal quel pulpito caratterizzato da tale ottenebrato senso del giudizio accusava la Chiesa, lì stesso paragonata agli sgozzatori, di non aver concesso i funerali al suo sfortunato fratello.
Il problema è che suo fratello, almeno a quanto risulta dai mezzi di informazione, non teneva per nulla ai funerali religiosi, dimostrando così di essere in possesso anche di una buona dose di coerenza e di consapevolezza che ciò per cui si era battuto per così tanto tempo era in aperto contrasto con i principi religiosi che stanno a fondamento della dottrina della Chiesa.
Certo c’è sempre tempo per pentirsi e, se Piergiorgio Welby si fosse pentito, male avrebbe fatto il Vicariato di Roma a negargli i funerali. Purtroppo, suo fratello è morto senza pentirsi delle sue scelte, a quanto risulta, e quindi il problema non si è nemmeno posto.
Sono questioni di fede, e allora o si crede e contemporaneamente si accettano, facendoli propri, determinati principi religiosi, o non si ha fede, non si crede o comunque non si riconosce l’autorità morale della Chiesa e ci si comporta di conseguenza senza lamentarsi e senza accusare nessuno per non aver concesso dei funerali che non aveva senso chiedere.
Altrimenti, signora Carla, si potrebbe pensare che i funerali religiosi sono richiesti solo per evitare la presunta onta della loro mancata concessione. Allora si finirebbe per cadere nella trappola delle peggiori consuetudini sociali, che non sono valori, e dell’ipocrisia a cui queste si accompagnano. Marco Pannella ha parlato di “offesa” alla quale il Vaticano dovrebbe porre riparo. Non ha sfiorato la sua mente l’idea che l’eutanasia, e lasciamo da parte le sue mille altre strane richieste, sia un’offesa al sentire dei cattolici oltre che a quelli di numerosissimi non credenti?
Possibile che Pannella voglia sempre aver ragione e non voglia tener conto dell’opinione di milioni di individui che non la pensano come lui?
Non si capisce che ruolo dovrebbe recitare la Chiesa: da un lato si chiede ad essa di tacere e di non intromettersi nel dibattito riguardo a questioni vitali come le unioni di fatto ed i matrimoni gay, la ricerca sull’embrione e, appunto, l’eutanasia. Allo stesso tempo, ripeto, la si mette sullo stesso piano dei mozzateste islamici. Dall’altro la si accusa subito di insensibilità ed addirittura offensività, come ha confusamente fatto Marco Pannella, quando di fronte al mancato rispetto di un fondamentale principio cristiano, e cioè il rispetto della vita umana, si limita a non concedere i funerali religiosi, pur sottolineando attraverso il comunicato del Vicariato romano che “…Non vengono meno però la preghiera della Chiesa per l’eterna salvezza del defunto e la partecipazione al dolore dei congiunti.”.
Colui che due millenni fa venne per cambiare il mondo lo fece usando le armi dell’amore, della comprensione, del perdono. Armi da usarsi però di fronte al pentimento, davanti alla volontà di cambiare in meglio. Di fronte a questo, pur non essendo un teologo, umilmente ritengo che il cattolico abbia l’obbligo del perdono. Tutto ciò non implica però che debba anche passare per stupido.
Mi perdoni per la mia mancanza di political correctness, ma assistere a questi assurdi attacchi alla propria religione alla lunga stanca, soprattutto quando, lo ribadisco a furia di sembrare prolisso, è una religione a difesa della sacralità e quindi della dignità della vita umana, del primato della famiglia, della concordia fra gli individui ed i popoli.
Quindi, tornando alla domanda che si è posta in conferenza stampa, a mio parere: o spiegherà a sua madre che lei è andata a protestare per il funerale religioso negato a suo fratello insieme ad un gruppetto di personaggi noti per le loro battaglie pro-eutanasia e per giunta dotati di un personalissimo e discutibile senso del pudore, visto che mettono sullo stesso piano il parroco della chiesetta di paese e il mullah Omar o il boia Al Zarqawi, ed allora la sua saggia e cattolica madre saprà ben rimproverarla per la sua “piccola” disattenzione intuendo subito le ragioni del rifiuto, oppure decide per il rispetto di quella parolina di cui sopra, coerenza appunto, magari prendendo esempio proprio dalla tanto bistrattata Chiesa, ed allora ben presto, glielo garantisco, troverà da sé la risposta alle sue domande.


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